Sabato, 14 Novembre 2009

Statua di San Giovanni Evangelista

Autore: Anonimo quattrocentesco
Collocazione: Galleria Regionale di Palazzo Abatellis sala I - Epoca: Secolo XV
Curatori: Vincenzo Scuderi, Giulia Davì, Evelina De Castro 
Esecutore del restauro: Prof. Franco Fazzio -
Sponsor: Assessorato Regionale Beni Culturali -
Restauro realizzato nel 2009

Riferimenti bibliografici: Evelina De Castro, Il restauro del San Giovanni di Palazzo Abatellis, in PER n. 25, 2009, pp.38-39

La statua, in legno intagliato e policromo, raffigurante San Giovanni Evangelista a dimensioni quasi naturali, è probabilmente un frammento di un gruppo ligneo raffigurante una Crocifissione.
Una pesante patina ormai consolidata “di alterazioni dovute a vecchi restauri e a progressivi fatti di degrado” aveva reso opaca e quasi inerte l’espressione della figura del giovane Apostolo, cui quasi indifferentemente, quindi, si poteva passare innanzi nel percorso museale. Liberata da tali alterazioni l’opera è tornata a vivere nei suoi originari e peculiari valori plastico-cromatici dell’incarnato, della capigliatura e del panneggio; “quest’ultimo reso particolarmente prezioso da una decorazione a fiorami in blu ed oro, già quasi impercettibili” (De Castro). Ma il frutto culturale quasi di eguale valore di quello estetico conseguente alla pulitura e alla rimozione delle incongrue stuccature, è stato quello che ci consente di vedere in una nuova e più avanzata temporalità storico-figurativa linguaggio e genesi del suggestivo cimelio: non più il Trecento gotico, come sinora, pur autorevolmente (Delogu) si era letto ma il primo Quattrocento tardogotico e di ibride culture, non soltanto insulari. Anzi, per avvalerci sempre della sottile sensibilità e cultura della condirettrice del restauro, Evelina De Castro, di “quel segmento temporale e culturale estremamente composito, segnato, nel corso della prima metà del Quattrocento da ibridazioni della cultura tardogotica con sentori rinascimentali ma prima e, comunque, in autonomia dalla svolta determinata negli anni sessanta dall’arrivo in Sicilia di Domenico Gagini”.
Tutto ciò si deduce da una serie di accorgimenti plastici e cromatici che l’ignoto scultore adotta per esprimere il suo aggiornato gusto figurativo, che l’accuratissimo restauro di Franco Fazzio ci consente ora di percepire appieno; “l’andamento del panneggio che … attenua in morbide linee curve gli angoli e spigoli consueti del gotico”, il trattamento del mantello “decorato con motivi gigliati in oro su fondo verde e gallone a leggero rilievo a tralcio dorato… le dorature nella veste e le leggere punzonature… il volto ancora improntato da una fissità un po’ attonita… ma dall’espressione distesa”; e, se possiamo aggiungerlo, dall’imposto “quasi” spaziale.

Vincenzo Scuderi

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