Sabato, 08 Maggio 2010

Il Cristo in croce

Autore: Anonimo
Collocazione: Chiesa della Madonna delle Grazie, Palermo - Epoca: XVII Secolo
Curatori: Vincenzo Scuderi, Evelina De Castro, Franco Fazzio -
Sponsor: Assessorato Regionale Beni Culturali -
Restauro realizzato nel 2010

Riferimenti bibliografici:
Evelina De Castro, Il Cristo in croce della chiesa del Ponticello, in «Per» n. 27, 2010, pp.38-40

L’intervento di restauro recupera al suo originario valore figurativo il Cristo in Croce tratto da van Dyck. L’opera propone una variante iconografica del tema di pregnante gusto barocco. La figura si staglia isolata sul fondo scuro. La leggera prospettiva da sotto in su, il luminismo diafano concentrato sul corpo in contrasto col colorismo affocato del volto, dall’espressione sofferente e protesa, sono le componenti formali e estetiche della cultura figurativa barocca, volta ad un coinvolgimento di tipo emozionale immediato. Tale forza comunicativa è stata restituita all’immagine dal restauro che, oltre a intervenire in modo efficace sul degrado fisico dell’opera, ha curato con sensibilità e rispetto anche il recupero dei suoi valori figurativi originari, alquanto alterati. Presumibilmente nel corso del XVIII secolo infatti il dipinto fu sottoposto ad adeguamenti suggeriti dal mutare del gusto e dalle esigenze determinate da una nuova collocazione dell’opera stessa. Ne sono indicative sia le posticce aggiunte iconografiche che con approssimate architetture a monocromo riempivano la parte bassa dell’opera, ai lati del piede della croce, sia le modifiche apportate al formato che assunse un andamento mistilineo nella parte superiore, nonché un allungamento in basso. E’ credibile dunque che nel tempo si sia deciso di adattare il dipinto alla tipologia longitudinale di una pala d’altare, mentre in origine esso poteva appartenere alla privata raccolta di un facoltoso e raffinato esponente della società palermitana del tempo che soltanto in un secondo tempo lo avrebbe donato alla chiesa. Il complesso architettonico del Ponticello comprendeva il così detto “oratorio dei musici”, andato distrutto e smembrato nel 1823, sede di una delle più prestigiose confraternite laicali della città, noto come uno dei luoghi più fastosi della città barocca, lodato per la pala di Pietro Novelli e per l’arredo plastico degli stucchi di Giacomo Serpotta. Si prospetta dunque l’ipotesi che il nostro dipinto potesse essere pervenuto in chiesa dal distrutto oratorio. Del resto la tela, del tutto ignorata, versava in pessime condizioni all’interno di un ambiente di sgombero e dunque non propriamente dentro la chiesa del Ponticello. Né, scorrendo le fonti storiografiche, se ne trova citazione alcuna fra gli arredi della chiesa stessa. Di contro è da tenere presente la grande e durevole fortuna goduta dall’opera del Van Dyck e della sua così detta “scuola” presso i collezionisti e facoltosi committenti siciliani. Il dipinto infatti è apprezzabile come testimonianza del radicamento della cultura figurativa vandyckiana a Palermo. Come i più recenti studi hanno infatti potuto chiarire, Anton van Dyck, carico dei riconoscimenti guadagnati presso diverse corti e capitali europee, ebbe modo di soggiornare a Palermo per circa un anno, dando vita ad un fenomeno di rapida fermentazione della pittura locale che ebbe fra gli altri esiti, anche quello di favorire l’affermazione di un filone culturale che, integrando le componenti del Maestro agli altri spunti, rubensiani e novelleschi, portò a lavorare a Palermo, numerosi artisti, molti dei quali fiamminghi naturalizzati. In tale contesto di derivazione da un prototipo vandyckiano si inquadra il Cristo in croce, lasciando aperto il campo alla osservazione che è copia dei modelli eseguiti dal maestro negli anni venti del XVII, durante o a ridosso del suo soggiorno in Italia, con riferimento all’esemplare oggi ad Anversa e alle altre repliche, fra cui quelle di Capodimonte e del Courtauld Institute di Londra. Inoltre sappiamo oggi dai documenti che il Maestro eseguì ben due Crocifissi a Palermo, destinati a committenti privati e successivamente trasmigrati altrove. I più recenti studi hanno infatti accertato che il van Dyck soggiornò a Palermo dal maggio 1624 al settembre 1625, all’interno dunque del decennio entro cui sono datati i numerosi esemplari del Cristo in croce oggi noti, da quelli già citati agli altri di Genova Palazzo Reale, di Venezia Gallerie dell’Accademia, di Mantova, Palazzo d’Arco, ripreso anche in più ampie composizioni quali la pala di san Michele a Rapallo. L’odierna certezza dell’esistenza in antico di ben due modelli autografi anche a Palermo, trova riscontro anche nella esistenza in città di altri esemplari a vario titolo collegabili ai modelli del Maestro, quale quello di Palazzo Villafranca.

Evelina De Castro


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